martedì 15 ottobre 2013

Immunità per i leader africani



L’esito del vertice dell’Unione Africana dedicato ai rapporti con la CPI

L’11 e 12 ottobre si è tenuto ad Addis Abeba un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Unione Africana (UA) convocato per discutere il futuro dei rapporti tra l’organizzazione regionale e la Corte penale internazionale (Cpi). 


Il summit nella capitale etiopica si è concluso senza quell'abbandono di massa dalla giurisdizione della Corte minacciato alla vigilia del vertice. Non è infatti stato raggiunto il quorum dei due terzi dei 34 Stati membri dell’UA che hanno ratificato il Trattato di Roma, l’atto istitutivo della Cpi, necessario perché l’Unione Africana nel suo complesso abbandonasse la Corte.
Nel documento conclusivo del vertice, l’organizzazione continentale ha però di fatto chiesto l’immunità per i capi di Stato e di governo africani in carica, che si traduce nella richiesta di sospensione per i procedimenti nei confronti del presidente keniota Kenyatta e del suo omologo sudanese Omar Hassan Al Bashir, accusato di genocidio per il Darfur e contro il quale è stato emesso un mandato di cattura internazionale nel 2009.

Nel concreto, l’UA prevede di istituire un gruppo di contatto per  avviare consultazioni con i membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in particolare con i suoi cinque membri permanenti, affinché il Consiglio di sicurezza dia risposta a  tutte le preoccupazioni della UA sul suo rapporto con la Corte penale internazionale. 
 L’organizzazione ha poi invitato il governo di Nairobi a chiedere al Consiglio di sicurezza dell’Onu, a norma dell'articolo 16 dello Statuto di Roma, il rinvio del processo a Kenyatta, in programma il 12 novembre, e di quello a carico del vicepresidente William Ruto, in fase di dibattimento.

L'incontro ad Addis Abeba arriva in mezzo alle crescenti tensioni tra la Corte penale internazionale  e il Kenya, il cui presidente e vicepresidente sono stati accusati di crimini contro l'umanità  commessi durante le violenze post elettorali del 2007. Il 5 settembre 2013 il parlamento del Kenya ha approvato una mozione per il ritiro dalla Corte penale internazionale. La posizione di Nairobi gode del sostegno dell’Ua e del suo presidente di turno, il primo ministro etiope Hailemariam Desalegn, che durante le celebrazioni dei 50 anni dell’organizzazione ha espresso solidarietà al Kenya e chiesto a nome dei capi di Stato africani “il trasferimento alla giustizia keniana dei procedimenti a carico del presidente Uhuru Kenyatta e del suo vice William Ruto”. Desalegn ha poi accusato la Corte Penale Internazionale “di aver messo in atto una sorta di caccia razziale, poiché non persegue se non gli africani”.  

La tendenza dell’Ufficio del Procuratore a orientare le investigazioni su crimini internazionali commessi sul continente africano - quando stessi crimini sono commessi anche altrove - fornisce argomenti a favore di chi condanna l’esercizio della giustizia penale internazionale solo nei confronti del continente africano, la parzialità della Corte e l’uso strumentale dello Statuto di Roma. La condanna a 50 anni di reclusione per l’ex Presidente della Liberia, Charles Taylor, per crimini commessi durante la guerra civile della Sierra Leone, senza che fosse processato per i crimini commessi in Liberia durante i 14 anni di guerra civile, è stata avvertita come un tentativo di evitare di indagare il coinvolgimento dell’attuale presidente della Liberia e premio nobel per la pace del 2011, Ellen Johnson Sirleaf. Allo stesso modo, i fatti che hanno condotto all'incriminazione dell’ex presidente ivoriano Laurent Gagbo sono stato interpretati come una mossa politica per avvallare l’ingerenza dell’ex potenza coloniale, la Francia, nella vita politica ivoriana a favore dell’attuale Presidente Alassane Ouattara.

Alla vigilia dell’incontro di Addis Abeba, a sostegno della Cpi si erano schierati l’ex Segretario Generale dell’Onu Kofi Annan e l’arcivescovo e premio Nobel per la Pace nel 1984 per il suo ruolo nella lotta anti-apartheid in Sudafrica, Desmond Tutu.
Anche all’interno della stessa UA si è potuto distinguere un fronte favorevole al ritiro dalla Cpi, guidato da Kenya, Sudan e Zimbabwe da un fronte contrario al ritiro, costituito da paesi come Nigeria e Ghana. 

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