giovedì 19 settembre 2013

IBK, la nuova speranza del Mali




Si insedia oggi in Mali, alla presenza di numerosi capi di Stato africani e del presidente francese François Hollande, il neo presidente Ibrahim Boubacar Keita, IBK.

Ex primo ministro tra il 1994 e il 2000, IBK è stato preferito a Soumaila Cissé, già ministro delle Finanze, nel secondo turno delle elezioni presidenziali tenute lo scorso 11 agosto. Nel primo turno, IBK aveva trionfato con quasi il 40% dei voti e nel ballottaggio ha potuto avvantaggiarsi del sostegno offertogli dalla maggior parte degli altri 23 candidati .

Laureato in Storia e Relazioni Internazionali presso l'Università di Dakar e la Sorbona, il nuovo presidente ha alle spalle una lunga carriera politica. Durante la transizione democratica del Mali nei primi anni 1990, IBK è diventato un alleato di fiducia del presidente Alpha Oumar Konaré che ne ha fatto il suo consigliere e portavoce prima di nominarlo ambasciatore in Costa d'Avorio, ministro degli Esteri  e, infine,  primo ministro. 
Con una campagna elettorale impostata sulla promessa di restituire al Mali il suo onore dopo 18 mesi segnati dall’insurrezione tuareg nel nord, dal golpe militare del marzo 2012 e una missione militare internazionale sotto egida ONU, IBK si è presentato all’elettorato come l’uomo delle istituzioni dotato dell’esperienza necessaria per inaugurare una nuova stagione della vita politico-istituzionale del paese. Pace, giustizia, sicurezza, lotta alla corruzione, i punti principali del suo programma. Ma anche riforma delle Forze Armate nazionali, rivelatesi incapaci di garantire la sicurezza del territorio, della popolazione e degli interessi maliani; valorizzazione della gioventù maliana e dell’istruzione, con il progetto di rendere la scuola obbligatoria e gratuita fino ai 16 anni; iniziative per sostenere la creazione di posti di lavoro; un programma di sviluppo rurale in grado di garantire la sicurezza alimentare e un ambizioso progetto infrastrutturale che dovrebbe trasformare Bamako in un hub ferroviario regionale.

Ora che il Mali ha completato con successo la prima fase di transizione politica con lo svolgimento di pacifiche elezioni presidenziali e in vista delle elezioni legislative che dovrebbero tenersi a novembre, l’imperativo della nuova presidenza è la riconciliazione nazionale e la ricerca di una soluzione alla marginalizzazione e al sottosviluppo delle regioni settentrionali, lontane sia fisicamente che politicamente da Bamako, alla base delle croniche insurrezioni tuareg. La creazione, all’atto del giuramento il 4 settembre, di un ministero per la Riconciliazione e lo sviluppo delle regioni del Nord e la nomina di Zahaby Ould Sidi Mohamed, ex capo ribelle arabo, alla carica di ministro degli Esteri sono primi passi importante per la risoluzione definitiva della crisi nella regione dell’Azawad, aperta nel gennaio 2012.
Ancora più significativo è stato, ad inizio settimana, l’avvio delle pre-consultazioni tra i principali gruppi armati del nord in vista dei colloqui globali con il governo maliano, previsti dall’Accordo-quadro firmato a Ouagadougou lo scorso 18 giugno fra i gruppi ribelli del Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad e dell’Alto Consiglio per l’Unità dell’Azawad e il governo del Mali. 
L’intesa, che ha  consentito lo svolgimento delle elezioni presidenziali in tutto territorio, prevede ora che il nuovo governo guidato dal primo ministro di fresca nomina, Oumar Tatam Ly, intavoli colloqui inclusivi con le comunità del nord, definisca lo status istituzionale e amministrativo del Mali e dell’Azawad, elabori strategie per lo sviluppo delle regioni settentrionali, promuova la riconciliazione nazionale, il ritorno dei rifugiati e il rispetto dei diritti fondamentali. Nel testo dell’Accordo si fa esplicito riferimento all’Azawad, un’area di 80mila km2 la cui porzione maliana ingloba le regioni settentrionali di Kidal, Gao e Timbuktù. 

Nonostante l’avvio di un dialogo tra gruppi armati e rappresentanti del governo, la situazione della sicurezza resta critica, soprattutto nella regione di Kidal dove il 15 settembre è stata interrotta una visita ministeriale a causa delle violenze di giovani sostenitori dell’Mnla che contestano le autorità centrali o a Léré, nella regione di Timbuktu, dove il 12 settembre si sono verificati i primi scontri tra Esercito e ribelli tuareg dopo l’accordo di cessate il fuoco raggiunto a giugno.   

Alla firma di un accordo di pace definitivo, dopo quello preliminare di giugno, sono poi vincolati anche gli aiuti sottoscritti dai donatori internazionali alla Conferenza per il Mali tenuta a Bruxelles il 15 maggio. Al momento, dei tre miliardi e 250 milioni di euro annunciati sono stati erogati solo 150 milioni.

  




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