giovedì 21 novembre 2013
domenica 17 novembre 2013
L'Onu boccia il rinvio dei processi a carico di Kenyatta e Ruto
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha rigettato la proposta dell’Unione Africana di sospendere i processi a carico del presidente keniano, Uhuru Kenyatta e del suo vice, William Ruto, accusati di crimini contro l’umanità in relazione al ruolo avuto nelle violenze etniche del 2007 che provocarono oltre 1100 morti e 300 mila rifugiati.
Il 9 marzo la Commissione elettorale indipendente ha proclamato Uhuru Kenyatta quarto presidente della storia del Kenya con il 50,03% delle preferenze e oltre il 25 % dei voti ottenuti in almeno 32 delle 47 contee del paese.
Uhuru Kenyatta ha prestato giuramento come presidente della Repubblica del Kenya il 26 marzo, divenendo il secondo capo di Stato africano, dopo Omar al-Bashir del Sudan, ad essere incriminato dalla Corte Penale Internazionale.
L’11 e 12 ottobre si è tenuto ad Addis Abeba un vertice straordinario dei capi di Stato e di governo dei paesi membri dell’Unione Africana convocato per discutere il futuro dei rapporti tra l’organizzazione regionale e la Corte penale internazionale.
Il summit nella capitale etiopica si era concluso senza quell’abbandono di massa dalla giurisdizione della Corte minacciato alla vigilia del vertice ma, nel documento conclusivo del vertice, l’organizzazione continentale aveva però avanzato la richiesta di sospensione per i procedimenti nei confronti del presidente keniota Kenyatta e del suo omologo sudanese Omar Hassan Al Bashir, accusato di genocidio per il Darfur e contro il quale è stato emesso un mandato di cattura internazionale nel 2009.
martedì 12 novembre 2013
Nigeria. La probabile ricandidatura del presidente Jonathan - John Campbell
In "Nigeria’s President “Under Pressure” to Run for Re-Election", John Campbell affronta il tema della possibile ricandidatura del presidente Goodluck Jonathan alle elezioni del 2015.
L’8 settembre, ricostruisce Campbell, i media nigeriani hanno riportato una dichiarazione del presidente Jonathan sulla pressione crescente che avvolge la sua eventuale ricandidatura nel 2015. Parlando attraverso il suo Consigliere Speciale sulle questioni politiche, Ali Ahmed Gulak, Jonathan ha detto che oltre 1.665 gruppi si sono offerti di lavorare alla campagna per la sua rielezione. Il suo portavoce ha aggiunto che i nigeriani nella diaspora gli hanno espresso il desiderio di tornare nel paese e votare per il Partito democratico del popolo (People's Democratic Party), PDP.
Jonathan è il capo del partito e sarebbe il legittimo candidato presidenziale qualora decidesse di ricandidarsi ma il presidente ha più volte ribadito che avrebbe annunciato le sue intenzioni solo nel 2014.
Eletto vice presidente nel 2007, Jonathan, un cristiano del sud, è stato presidente "ad interim" quando il presidente Yar'Adua, musulmano del nord, stava morendo. Dopo la sua morte nel 2010, Jonathan è diventato presidente ed è poi stato eletto nel 2011. Anche se per la carica di presidente della Nigeria il limite è di due mandati, la maggior parte dei giuristi nigeriani sostiene che Jonathan possa ricandidarsi nel 2015, dal momento che è stato eletto presidente solo una volta. Tuttavia, in un sistema informale all'interno del PDP per cui il candidato alla presidenza si alterna tra il nord e il sud ogni otto anni, nel 2011, era ancora il turno del Nord. Molti nel Nord si aspettavano che Jonathan portasse a termine il mandato di Yar'Adua per poi i farsi da parte a favore di un candidato del nord ma così non è stato e oggi molti politici sostengono che Jonathan non si ricandiderà nel 2015 proprio in cambio dell’ appoggio politico del nord di cui ha beneficiato nel 2011.
La possibilità che Jonathan possa ricandidarsi nel 2015 è una delle ragioni principali della recente spaccatura all'interno del PDP.
venerdì 8 novembre 2013
Lotta di potere in Algeria
Il presidente Bouteflika si prepara alle elezioni del 2014
Il Segretario Generale del Fronte di Liberazione Nazionale (Fnl), Amar Saadani, ha annunciato che il partito sosterrà la quarta candidatura dell’attuale capo di Stato algerino, Abdelaziz Bouteflika, alle presidenziali del prossimo anno.
Proveniente dalle Forze Armate, Bouteflika è in carica dal 1999, eletto dopo sette anni di Guerra Civile tra le forze governative e le milizie islamiche del FIS (Fronte Islamico di Salvezza) e del GIA (Gruppo Islamico Armato) e rieletto nel 2004 e di nuovo nel 2009, dopo le modifiche della Costituzione nel 2008 che gli hanno consentito una terza rielezione.
Saadani ha motivato la scelta del Fnl appellandosi alla Costituzione, che consente al presidente di correre per un quarto mandato, e richiamando i risultati positivi conseguiti da Bouteflika nel corso della sua presidenza. Il Segretario ha riconosciuto al presidente il merito di aver riportato la pace nel paese, di aver abolito lo stato d’emergenza, di aver riabilitato personaggi storici, di aver fatto del berbero una lingua nazionale e di aver avviato una serie di “progetti faraonici”.
Nel discorso di Sétif dell’8 maggio 2012, il Presidente aveva però annunciato il proposito di non ricandidarsi, invitando la sua generazione, al potere da più di mezzo secolo, a passare il testimone ad una nuova e più giovane classe dirigente. Bouteflika non ha ancora commentato l’endorsement, ma diversi analisti hanno visto nell'annuncio di Saidani la volontà di testare la reazione della società civile, l'opinione internazionale e le reazioni all'interno del potente Dipartimento di Intelligence e Sicurezza, conosciuto con l'acronimo francese DRS (Département du Renseignement et de la Sécurité).
Fin dall’indipendenza dalla Francia del 1962, la vera competizione politica in Algeria è, infatti, tra due élite di potere: quella civile guidata dal presidente Abdelaziz Bouteflika e quella militare, il DRS, gestito da oltre 20 anni dal generale Muhammad Mediène, conosciuto come Toufiq, che assieme all’apparato che gestisce le industrie statali compongono quello che in Algeria è noto come “Le pouvoir”.
La rivalità tra i due uomini forti dell’Algeria - e i rispettivi entourage - in campo economico e politico domina da anni le dinamiche algerine ed è emersa anche in relazione al recente scandalo corruzione che ha colpito la Sonatrach, la società nazionale degli idrocarburi e prima compagnia energetica del continente, sottratta all’influenza dell’entourage di Bouteflika e riposizionata in orbita DRS. L'Algeria è il 15 ° più grande produttore al mondo di petrolio e il 10 ° più grande produttore di gas naturale e non è dunque difficile comprendere l’interesse dei due campi nella sua gestione.
A seguito della lieve ischemia che ha costretto Bouteflika ad un lungo ricovero in Francia, l'incertezza sulle reali condizioni di salute del presidente e sulla sua capacità di assolvere pienamente alle funzioni di capo di Stato avevano ufficiosamente aperto la campagna elettorale in vista delle presidenziali del 2014 e una lotta intestina in seno al Fnl, conclusasi alla fine di agosto con l’ascesa ai vertici del partito di Amar Saidani, fedele al presidente.
Ma Bouteflika ha sparigliato le carte ed è tornato saldamente alla guida del paese annunciando una riorganizzazione delle Forze di sicurezza e un ampio rimpasto di governo, che molti hanno interpretato come un tentativo di rafforzare il suo campo in vista delle elezioni del 2014. Un ampio rimaneggiamento del gabinetto ha coinvolto i titolari di 11 dicasteri, tra i quali Interni, Esteri, Difesa e Giustizia, tutti sostituiti da uomini fidati a Bouteflika.
Oltre ai cambiamenti ministeriali, Bouteflika ha anche sottratto al DRS il controllo del Centre de Communication et de Diffusion (CCD), la Direction centrale de la sécurité de l'armée (DCSA) e la sua forza di polizia giudiziaria, assorbita dalla giustizia militare. Questi portafogli sono andati a sommarsi alle funzioni del neo vice ministro della Difesa, Ahmed Gaid Salah, già capo di Stato maggiore delle Forze Armate algerine. Sotto la giurisdizione della polizia giudiziaria ricadono anche i casi di corruzione, come il Sonatrach che coinvolge membri di primo piano dell’entourage di Bouteflika, Mohamed Meziane, ex presidente e CEO di Sonatrach e l’ex ministro dell’Energia, Chakib Khelil. Il monitoraggio dei media stranieri ricade, invece, sotto la giurisdizione del CCD.
Affidare questi poteri ad un alleato come il generale Salah equivale ad avere maggiore controllo sull'esito del caso Sonatrach e sulla narrazione fatta dai media del caso.
L'obiettivo di Bouteflika, ha dichiarato recentemente Saadani a Reuters, sarebbe quello di “costruire uno stato civile in Algeria” ma molto più realisticamente il suo intento è da ritenersi quello di limitare l'influenza politica del DRS o meglio ancora "stabilire condizioni di parità" con i servizi segreti prima delle elezioni, come sostiene un recente rapporto di Eurasia Group.
Cambiamenti al vertice della politica algerina sono strettamente sorvegliati dal momento che il paese è uno dei principali fornitori di energia in Europa e un partner regionale chiave di Washington nella lotta contro i militanti islamici nel Maghreb.
giovedì 7 novembre 2013
Sudafrica. Il modello di Julius Malema e degli EFF
Gli Economic Freedom Fighters hanno invocato l'eredità dell'ex presidente del Burkina Faso Thomas Sankara come modello di governo che desiderano emulare. Sankara resta uno dei meno citati leader africani post-indipendenza, forse a causa della brevità del suo governo, durato tra il 1983 e il 1987, o per la dinamica mai chiarita del suo assassinio nel 1987, quando aveva 37 anni.
Gli EFF vorrebbero introdurre un "Giuramento Thomas Sankara“ in modo che i membri del partito seguano le orme di Sankara. Ma mentre la leadership di Sankara era sinonimo di austerità personale, Malema, il prossimo mese, sarà processato per le accuse di frode, corruzione, riciclaggio di denaro, che il suo partito ritiene politicamente motivate.
Al di là delle differenze personali, esistono delle analogie ideologiche tra l’agenda politica di Sankara e quella di Malema: la nazionalizzazione delle miniere e delle terre e la ridistribuzione di queste ultime alla popolazione.
mercoledì 6 novembre 2013
Ue e Banca Mondiale in aiuto del Sahel
L'Unione europea e la Banca mondiale si sono impegnate a contribuire con nuovi aiuti allo sviluppo e alla sicurezza del Sahel.
L'UE stanzierà cinque miliardi di euro e la Banca mondiale 1,5 miliardi dollari per aiutare la Mauritania, Burkina Faso, Mali, Niger, Senegal e Ciad.
“Quello che ci accingiamo a fare per il Sahel è senza precedenti", ha dichiarato il commissario UE allo Sviluppo, Andris Piebalgs. "Questa regione, a nostro avviso, è la più fragile dell’Africa e le sue esigenze in termini di sviluppo e di sicurezza sono enormi ... Il nostro approccio è costruito sul principio che la sicurezza è un pre-requisito per la crescita - non ci può essere sviluppo senza di essa" ha spiegato il funzionario dell'UE.
Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon e alti funzionari della Banca Mondiale, dell'Unione Africana, della Banca Africana di sviluppo e dell'UE hanno fatto tappa in Mali martedì prima di iniziare un tour nella regionale Saheliana.
Undici milioni di persone che vivono nei paesi del Sahel non hanno cibo, la regione ha avuto tre gravi siccità in un decennio, ed è "piena di armi", ha spiegato Ban.
martedì 5 novembre 2013
Congo's M23 Rebels End Rebellion
The Democratic Republic of Congo's M23 rebel group declared an end to its 20-month rebellion on Tuesday and said it was ready to disarm, demobilize troops and pursue a political solution to end the crisis in the east of the country.
The M23 declaration was issued hours after government forces drove the rebel fighters out of their last two strongholds.
The M23 rebellion was began in April 2012 by military deserters not satisfied with the Kinshasa government's handling of a 2009 peace accord dismantling a previous militia. After violence broke out last year, the rebels managed to seize the city of Goma, but were quickly pushed out. Over 800,000 people have been displaced by fighting with the M23.
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